Recensioni Teatro Ridens
Teatro Ridens
Il circo di Charlie Chaplin: Charlot, inseguito da un poliziotto, fugge tra i tendoni di un circo ed irrompe sulla scena di un numero comico provocando fra gli spettatori, che fino a quel punto si erano in realtà mortalmente annoiati, grande divertimento; il giorno seguente, però, quando l’impresario del circo, convinto di aver trovato finalmente un attore davvero comico, lo invita a riprovare a far ridere, ecco che Charlot si mostra incapace di replicare “a comando” la sua comicità emersa prorompente ma involontaria la sera prima. Cosí come in quel film Chaplin racconta (in modo divertente) quanto sia difficile riuscire a far ridere e quanto la comicità sia un’arte veramente complicata, allo stesso modo lo spettacolo Teatro Ridens del duo comico Donati-Olesen, si propone esplicitamente di narrare i princípi che presiedono al meccanismo della risata. Teatro Ridens è, infatti, uno spettacolo-didattico. I maestri di questo insolito show-stage sono Giorgio Donati e Jacob Olesen, attori e mimi diplomati presso la scuola parigina Jaques Lecoq, i quali hanno scelto di mettere a disposizione tutto il loro ventennale repertorio di gag e sketch al servizio di un’idea drammaturgica precisa: tenere per gli spettatori un comico corso sul comico. Lo spettacolo, organizzato in quattro lezioni, ci mostra che sorprendere, imitare, mascherare e stravolgere sono le quattro chiavi, i quattro sguardi prospettici sulla realtà, partendo dai quali è possibile suscitare la risata dello spettatore. “Questo non fa ridere; questo fa ridere” ci ripetono sovente i due attori; e nel far ciò snocciolano una variegata sequenza di scene costruite su imprevisti, iperboli e paradossi, che ci dimostrano, come degli exempla, la felice riuscita dell’esperimento a cui stiamo assistendo. Ciascuna di queste scene possiede, quindi, sempre un duplice valore: una azione comica e una riflessione sul comico; proprio questa volontà di rappresentare un’azione ma nello stesso tempo domandarsi da quale luogo abbia origine, voler affiancare cioè al piano della rappresentazione quello dell’officina del processo creativo, rappresenta, a me pare, la qualità migliore di questo spettacolo. Una messa in scena cosí impostata implica, tra l’altro, una precisa idea di spettatore, da questa compagnia inteso non tanto come fruitore da sollazzare, ma soprattutto come un’intelligenza critica da sollecitare. Ad assistere a questo spettacolo, in effetti, ci si sente trattati da persone intelligenti, e già solo questa è una piacevole esperienza. E ricchi di intelligenza sono senz’altro i bambini, a cui Teatro Ridens prima di tutto si rivolge e ai quali, sul finire della serata, chiede di affrontare un vero esame, cosí come esige ogni corso che si rispetti.
Claudio SilvestriChi non ha mai fatto l’imbarazzante esperienza di raccontare o sentir raccontare male una barzelletta? Peggio; chi non ha mai vissuto quella ancora piú imbarazzante di dover spiegare o sentirsi spiegare perché si sarebbe dovuto ridere? Eppure sembra cosí facile ridere e far ridere: come con i bambini o i semplici o i ben disposti che sbottano in fragorose risate, per sciocchezze o per ripetute infiorettature di parolacce e scurrilità. Sarei curioso di vedere quanti insegnanti di lettere (ma perché solo loro? Il comico non ha che fare anche con il corpo e le scienze e le tecniche e le arti visive e non varia con le differenti lingue e non ha ritmi e tempi misurabili?), sí insomma quanti insegnanti, a tutti i livelli hanno avuto finora la “stramba” idea di trattare l’argomento nei loro corsi, inserirli nella programmazione come modulo disciplinare o interdisciplinare, magari ficcarlo in un POF (Piano di offerta formativa) una sigla che sembra già l’onomatopea di una gag. Credo pochi, anche se il diffondersi attraverso giornali, testi, film delle tecniche del comico come coadiuvante terapeutico in pediatria e non solo, dovrebbe prima o poi lasciare un segno anche nella scuola che finora, soprattutto oltre i livelli materno e elementare, sembra preferire al far ridere o almeno sorridere il far pensare se non addirittura il far piangere, (in tutti i sensi). Donati e Olesen questa insolita e validissima accoppiata umbro-danese, con l’apporto della cristallina drammaturgia di Giorgio Testa hanno compiuto un piccolo prodigio: far ridere spiegando insieme il ridere e le sue occasioni, dove le spiegazioni sono insieme serie, efficaci e buffe. Lo spettacolo ‘teatro ridens’ fa ridere, piccoli e grandi, da’ lezioni di comicità a piccoli e grandi e diventa una piacevolissima occasione per tutti, ma specialmente per quei ‘grandi’ che fanno gli insegnanti per riflettere su ciò che rende appetibile, preziosa e efficace una qualunque lezione, con tanto di verifica. Non si tratta, come si potrebbe pensare di infiorettare di battute o gag o clownerie il proprio discorso, come pure avviene nello spettacolo, no ma della magia di sostituire alla lezione data in atteggiamento definitorio: ti dico che cos’è..., dimmi che cos’è o etichettatorio: ti dico il nome, dimmi il nome... l’atteggiamento operativo: vediamo insieme come si fa a fare, in questo caso a ridere appunto! Sembra facile, ma non lo è affatto. Questo tipo di atteggiamento richiede in chi da’ lezione la piena padronanza del proprio fare e del proprio pensare, oltre che del parlare, una grande disponibilità a mettersi in gioco, in discussione, una chiara visione di dove si vuole arrivare e un’ apertura all’ imprevisto e all’ improvvisazione, una gran voglia di sorridere e ridere insieme ai propri alunni di gioia, di soddisfazione, di allegria e, come in questo caso, soprattutto, di comicità. Questo è credo il vero gioiellino nascosto in uno spettacolo tutto intelligenza, divertimento e festosità. Quale miglior sberleffo comico a quei ponderosi tomi di teorie e delle loro storie che spesso si lamentano già nelle quarte di copertina “come a scorrere le molte e varie e sempre tra loro difformi definizioni che, lungo i secoli, sono state date del comico e del riso, c’è da sospettare che essi siano tali da non sopportare una vera definizione, come se mancassero di un concetto e fossero perciò incapaci di prestarsi a una organizzazione di pensiero.” Ma valà Donati e Olesen con teatro ridens si rivolgono a un pubblico di bambini e non hanno certo la pretesa di sostituirsi ai tomi su cui si tormentano i colti e gli universitari, eppure nello spassoso succedersi delle quattro lezioni affiorano consapevolezze serie, preziose e feconde: l’importanza della preparazione e delle attese, i rovesciamenti bruschi, i tempi e i ritmi. Due bravissimi “maestri inverosimili”in uno spettacolo tutto da ridere, da imparare e da non perdere.
Jean-Claude LopezCome piace dire a me: me li sarei portati a casa. Perfetti per grandi e piccini. Male alle mandibole e alla pancia dal ridere. Bella l’idea del corso del comico… sembra proprio che si possa imparare facilmente tutto. Ma soprattutto quello che vorrei essere in grado di fare è la scala mobile.. un classico del mimo… Ma loro sono grandiosi… sono clown ma non malinconici, comici completi. Ottimo per tutti ovviamente: forse non superpiccolini… ci vuole un po’ di pazienza a quello che succede... oppure forse sarebbe una bella “scuola” anche per loro.
Marcellina VialettoL’altezza dell’Arte spacciata come una cosetta semplice, alla portata di tutti. Ho amato sempre il lavoro di Donati-Olesen. Di piú: annovero “Buonanotte Brivido” tra gli spettacoli memorabili della mia esperienza. Nei loro spettacoli la matematica precisione e la pulizia tecnica, unite ad una specialissima ironia, fanno sembrare di una demenza totalmente estemporanea, sequenze a lungo studiate; cosí queste finiscono per sembrare una serie di esilaranti incidenti occorsi casualmente e cavalcati, giocati lí per lí. E’ una qualità rarissima che trasforma la sapienza del clown e la stilizzazione del mimo in un racconto contemporaneo, continuamente attualizzato e reso contestuale alla platea senza il bisogno degli eccessi del grottesco e nasi rossi. L’altezza dell’Arte spacciata come una cosetta semplice, alla portata di tutti. E’ un’azione coraggiosa in tempi nei quali - rimasti pochi capaci di dire (e pensare) “il re è nudo”- si tenderebbe a fare il contrario. E’ una progettualità teatrale che rischia perfino di avere un orizzonte culturale ben definito, cosa che di questi tempi è quasi impopolare. Comunque i due non si danno per vinti: con il loro ultimo lavoro “TEATRO RIDENS” esperimentano la tenuta di una loro serata tipica usata come spettacolo per l’infanzia e la gioventú. Con la collaborazione (evidentemente correa) alla drammaturgia di Giorgio Testa riorganizzano in una nuova sequenza alcuni loro “numeri” celebri, e li ampliano, riducono, sviluppano. Naturalmente, come nella piú alta tradizione circense e come ci ricorda Eisenstein, (che ne ha fatto fondamento per l’invenzione dell’arte cinematografica), sanno benissimo che mutando l’ordine dei fattori (ovvero delle attrazioni) il prodotto CAMBIA. E cosí costruiscono con i loro giochi funambolici una specie di lezione sulla comicità. Naturalmente fingono che la lezione in quattro tappe sia solo un pretesto per mostrare le loro prodezze. Il risultato è una finzione di perfetta riuscita: la serata ha continuità e congruenza, è divertentissima, interattiva con il pubblico ed è una vera lezione di maestria.
Maria Luisa Bigai
Donati e Olesen, non sono due attori, sono due Maghi. Due Maghi illusionisti. Sí, perché come due Maghi Illusionisti hanno la capacità di far apparire oggetti. Proprio cosí: Loro fanno apparire oggetti. E dal nulla. Quali oggetti? Tutti quelli di cui hanno bisogno quando rappresentano una scena. Sedie da dentista, trapani, scale, motociclette. Ma come fanno? Allora,…..cerchiamo di spiegare. Loro iniziano a recitare una scena, a rappresentare una situazione e man mano che fanno gesti, assumono espressioni nel volto, mimano movimenti e simulano rumori, gli oggetti si materializzano, proprio lí dove dovrebbero essere, esattamente come dovrebbero essere. I due salgono una scala mobile? Ed ecco che tutti noi vediamo comparire sotto i loro piedi una scala mobile in azione. Una scala che si muove in salita, in discesa, che si inceppa, che funziona a singhiozzo. I due cavalcano una moto veloce che schizza come una saetta, incontra ostacoli imprevisti, supera veicoli, impone una manovra spericolata? E noi abbiamo l’esatta percezione che la moto sia lí davanti ai nostri occhi, imponente, veloce, ingovernabile, insomma… concreta. E il casco, il giubbotto, il vento, gli ostacoli, i veicoli lenti e quelli scattanti, la macchina che taglia la strada senza preavviso e le pecore che attraversano la strada incuranti. Tutte le cose sono proprio lí, davanti ai nostri occhi, con le loro specifiche conformazioni, il loro preciso ingombro e il loro esatto dinamismo. Merito degli “effetti speciali”? No, no. Donati e Olesen non ricorrono all’ausilio di effetti speciali. E allora? Allora i loro gesti, i loro movimenti, la loro mimica, sono cosí calibrati nell’immaginario contatto con le cose evocate, cosí in sincronia con l’ipotetico funzionamento delle stesse, che tali cose si impongono con forza alla nostra percezione visiva. Come dire? Si fa piú fatica ad immaginarne l’assenza, che non la presenza. A momenti ci si accorge che gli oggetti sono trasparenti, quasi fossero fatti di aria. Ma solo a momenti… e che importa. La trasparenza è quasi un tocco artistico in questa bravura senza “effetti speciali”. Miria Lommi Ritmo, energia, perfezione del gesto, padronanza del corpo e della voce, insomma in poche parole “alta scuola di teatro” il corso tenuto da due eccezionali professori. In “Teatro Ridens” (prova magistrale d’attori) Donati e Olesen mettono a frutto la loro professionalità in una esilarante lezione di comicità supportati dalla drammaturgia calibrata e ricca di significati di Giorgio Testa. Successo assicurato quindi. Il pubblico alla fine dello spettacolo vorrebbe continuare quel gioco intelligente e coinvolgente ma… le cose belle finiscono presto e… ci vediamo alla prossima lezione!
Paola Franco
INTERVISTA
Cronaca...
Vista la folla, salto mio malgrado la sperata visita al mini museo delle marionette posto in un angolo del foyer e subito mi getto nella calca di decine e centinaia di persone imbottigliate nell'angusta porta del prefabbricato del Teatro Mongiovino. L'interno è già stracolmo di piccoli e grandi d'ogni estrazione e molti dei piccoli purtroppo finiscono per accattare dei posti a sedere dietro robuste spalle di adulti. I due autori e protagonisti, abbigliati già da clown, intrattengono tra la folla alcuni bambini, o aiutano gli ultimi arrivati con sedie di fortuna o altro.
Mentre il flusso continua ininterrotto si spengono le luci e sul palcoscenico. Giorgio Donati e Jacob Olesen si presentano. Raccontano del loro training alla Scuola per Clowns di Parigi molti anni fa col famoso M° Lecoq e della loro intenzione di tenere a loro volta in questo spettacolo, in un'oretta in 4 Quadri, un Corso Super-Accelerato su le modalità, le formule e i trucchi piú utili ai futuri clowns della nuova generazione. Alla fine poi ci sarà tanto di Test finale, con interrogazione sul palcoscenico di 2 o 3 malcapitati spettatori piccoli o grandi, scelti a caso. Tenendo di volta in volta di lato un grande cartellone con il titolo del Quadro-Lezione che si sta svolgendo, per es. Tecnica della 'Sorpresa' o Tecnica della 'Immaginazione' o Tecnica della 'Attesa', i due attori illustrano con estrema abilità ginnica e di sincronia come si riesca a sorprendere lo spettatore attraverso giochi di magia, o esercizi di equilibrismo, o salti acrobatici aiutandosi con attrezzi di scena estremamente semplici, come una lunga tenda a mezza altezza che lascia vedere solo il loro mezzobusto, o una normale sedia dove volteggiare leggeri, o un pulcino di pelouche di nome Pigolò, secondo come insegna il M° Lecoq ! Ogni tanto i due attori non si sottraggono ad un breve botta e risposta estemporaneo con i bambini, anche se tali interventi si sa come si cominciano ma...
Un valido sostegno alle loro performances è dato dalla scansione ritmica e dal grande potere evocativo di brani musicali, sia eseguiti con chitarrino e trombetta dagli stessi attori, sia riprodotti da un nastro preregistrato.
Purtroppo i sessanta minuti preannunciati volano presto via e gli applausi scroscianti richiederebbero molti piú bis.
... e mie Interviste (immaginarie)
Subito dopo lo spettacolo approfitto del buffet in piedi offerto nel giardino intorno al teatro, a chiusura del Festival dagli Accettella, per sondare d'intorno l'accoglienza che questo genere di spettacolo ha ricevuto presso un pubblico cosí composito.
Mi avvicino un gruppo di bambini della Classe di Scuola Media della Prof.ssa Anna
DOMANDA: Vi è piaciuto?
RISPOSTA : (I° bambino, piú piccolo) Bellissimo ! Ma come facevano a scendere giú per una Scala mobile dietro la tenda, se la scala mobile non c'era?
RISPOSTA: (II° bambino, piú grandicello) A me veramente mi piacerebbe imparare a farlo io
Peccato che non posso rivederlo ancora una volta !!
Ecco una collega dell'ETI - Centro Teatro Educazione.
DOMANDA: Che te ne pare della drammaturgia del nostro amico Giorgio Testa?
RISPOSTA: Innanzitutto come dice il vecchio adagio "E' molto piú difficile far ridere che far piangere". E poi non parliamo del tener desta l'attenzione di bambini di oggi come minimo iperattivi. Beh, insomma credo che la drammaturgia qui sia stata quasi tanto importante quanto l'abilità attoriale, anche se a primo acchito quella non si vede.
Domando ad uno spettatore disabile su sedia a rotelle:
DOMANDA: Si è divertito?
RISPOSTA: Molto! Specialmente perché finalmente ho potuto vedere spiegate dall'interno come sono costruite le mosse necessarie per essere un bravo cascatore. Ma diciamo meglio: come essere un ginnasta sí, ma entro la finalità di un racconto. Certo bisogna però aggiungere che questa loro è un tipo di performance che sicuramente non riesci a tenere per piú di un'ora, tanto è il dispendio di energie che richiede !
Da ultimo incontro un amico professore, famoso per le sue disamine dottissime:
DOMANDA: Ciao ! Che te ne pare?
RISPOSTA: Antichissima arte questa degli histriones romani e poi medievali. mai morta, come dimostrano pantomime e sketches dell'Avanspettacolo, fino a Totò !
DOMANDA: E su questi attori?
RISPOSTA: Ti devo dire sinceramente: mi sono piaciuti molto non solo per la loro scioltezza, ma specialmente perché nessuno dei due mostrava essere la spalla dell'altro E questo è molto raro!